top of page
Cerca
  • Immagine del redattoreAle Torrini

Piatti tipici: "India"

Un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso...

Mahatma Gandhi


L’India è il Paese più esteso dell’Asia meridionale, e la sua influenza si estende a più livelli ben oltre i confini di questa macro-regione.

È anche un Paese caratterizzato da una varietà straordinaria e unica al mondo, dal punto di vista geografico ma anche e soprattutto demografico e culturale: questo è il risultato di una storia lunga più di tremila anni e dello stretto contatto con Paesi confinanti e non.

La sua complessità è tale che a volte si fatica a usare espressioni come “popolo indiano” o “lingua indiana”, perché risulteranno inevitabilmente generiche e superficiali se non usate al plurale. E lo stesso vale per la cucina: l’India è spesso chiamata “il regno delle spezie”, ma il modo in cui esse vengono usate e combinate tra loro varia da una città all’altra, al punto che ogni regione propone versioni anche diversissime di uno stesso piatto. Persino la parola “curry”, che molti Europei utilizzano ingenuamente per indicare un singolo piatto, assume qui decine se non centinaia di espressioni differenti. I piatti tipici indiani sono tanti e diversissimi: ecco le prelibatezze della cucina dell'India che non potete fare a meno di provare. Questa classifica dei principali piatti tipici indiani non può che essere, quindi, la proverbiale punta dell’iceberg, e rispecchiare solo in minima parte la ricchissima cultura gastronomica che l’India può offrire.


Samosa

Quando si vuole provare per la prima volta una cucina che non si conosce, lo street food rappresenta spesso l’opzione più semplice e accessibile; e quando si tratta di cucina indiana, non si può non cominciare da uno dei suoi esempi più popolari, ossia i samosa.

Essi sono dei fagottini di pasta fritti, di forma triangolare o a mezzaluna.

Pur essendo uno dei piatti tipici indiani più famosi, l’origine di questo gustosissimo snack si fa risalire al Medio Oriente: in Persia erano diffusi già nel X secolo i sanbosag, triangolini di pasta ripiena che i mercanti acquistavano prima di partire e che poi consumavano durante i loro lunghi viaggi; e sarebbero stati proprio loro a esportarli anche in India, dove diventarono un vero e proprio piatto nazionale con tantissime varianti. In alcune regioni dell’India, i samosa sono più grandi e ripieni di patate bollite, piselli, cipolla, peperoncini verdi e varie spezie; in altre sono, invece, più piccoli e dalla forma più intricata, le patate sono cotte in padella con varie spezie e con l’aggiunta di arachidi, uvetta o anacardi. Dalle parti di Hyderabad, il ripieno è rigorosamente di carne e la pasta più friabile che in altre regioni; altrove è a base di cipolla, e c’è anche chi lo preferisce dolce, ripieno di khoa e sigillato con chiodi di garofano. Di solito i samosa si accompagnano con del chutney a base di menta, mirtilli o tamarindo e si consumano con una tazza di tè o di jal jeera, bevanda speziata fresca e dissetante.

Biryani

Parliamo ora di una ricetta introdotta e sviluppata in India durante la dominazione Moghul. Il nome deriverebbe dall’unione di birian (“fritto prima di essere cucinato”) e birinj (“riso”), entrambi termini persiani. La pietanza originale conteneva tocchetti di carne cucinati insieme a del riso speziato, e questa formula di base viene ancora oggi rispettata in varie regioni del Paese: solo a Hyderabad ne sarebbero state inventate 50 versioni diverse, ma la più comune si cucina con riso basmati, limone, yogurt, cipolle, zafferano e carne di pollo, capra o montone; a Lucknow carne e riso vengono cucinati separatamente e poi combinati insieme in un recipiente di rame; nella zona di Calcutta, storicamente più povera, esistono varianti meno speziate e con patate al posto della carne.

Masala dosa

Passiamo ora a qualcosa di meno impegnativo, solitamente consumato come colazione, spuntino veloce o antipasto: il masala dosa, proveniente dal sud del Paese. Il dosa non è che una sorta di crêpe sottile e croccante, fatta di farina di riso e lenticchie; viene farcito con patate, cipolle, semi di senape e chana dal, arrotolato su se stesso e poi guarnito con cocco grattugiato e coriandolo tritato. Di solito si mangia caldissimo, intingendolo in un chutney o in una salsa a base di yogurt.

Papdi chaat

Il termine chaat deriva dal verbo hindi chaatni che significa “leccare”, molto probabilmente per indicare qualcosa di talmente buono da leccarsi le dita a fine pasto; ed è in effetti utilizzato per indicare in generale qualunque tipo di street food venduto nelle bancarelle di tutta l’India, solitamente snack di piccole dimensioni ma dal sapore intenso e avvolgente. Il papdi chaat, in particolare, è tipico del nord del Paese e preparato a base di croccantissimi cracker di farina di frumento (detti appunto papdi o papri), fritti e guarniti con ceci, patate, yogurt, coriandolo fresco, melograno e chutney al tamarindo.

Chole bhature

Restiamo nell’India settentrionale e più precisamente a Delhi, dove, negli anni ’40, è stato inventato questo piatto sano e relativamente leggero. Il chole è un curry a base di ceci speziati con cardamomo, cumino, fieno greco e chiodi di garofano; il batura è, invece, un soffice pane fritto a base di farina maida, yogurt, ghee (o olio) e lievito. Questa prelibata combinazione si può trovare nelle bancarelle di tutto il nord dell’India e consumare in qualunque momento della giornata, ma è molto popolare come colazione, soprattutto con il batura ripieno di patate o formaggio. A volte viene servito insieme a cipolle, sottaceti, chutney alla menta e un bicchiere di lassi freddo.


Vari tipi di pane indiano

La cucina indiana offre una gran varietà di salse, condimenti, curry, zuppe e altre pietanze che è tradizione (e quasi d’obbligo) consumare con del pane: non stupisce, quindi, che anche questo alimento sia presente in moltissime forme e versioni; ne abbiamo già viste due (dosa e batura), ma ne esistono molte di più.

Il più famoso è probabilmente il naan, soffice pane lievitato e cucinato ad alte temperature, solitamente nel tradizionale tandoor (forno di argilla) e spesso intinto ancora caldo nel burro fuso; può essere semplice o arricchito con aglio, patate, formaggio, cipolla, o, nella versione dolce, con mandorle e uva passa. Il roti o chapati è tipico dell’India settentrionale e caratterizzato da un impasto a base di farina integrale, privo di lievito ma capace di gonfiare durante la cottura, che di solito avviene su una piastra piatta di nome tawa. Il papadumè una cialda sottile e croccante a base di lenticchie (pur essendo spesso chiamata “carta di riso”) aromatizzate con cumino, aglio e pepe nero; viene spesso servito con delle salse in cui intingerlo. E non si può non citare il paratha, “pane a strati” non lievitato, la cui densità lo rende resistente e perfetto per ogni farcitura; non va però confuso con il paratto, diffuso al sud tra Kerala, Tamil Nadu e Sri Lanka, fatto con farina maida e quindi più glutinoso e pastoso.

Raita

Se non siete abituati al cibo piccante, questo contorno semplice e cremoso potrebbe rivelarsi la vostra salvezza. Preparato a base di yogurt, cetrioli, coriandolo e cipolla, viene servito come accompagnamento a pietanze più blasonate come biryani, pilaf e kebab per la sua azione rinfrescante, che attutisce l’effetto di alcune spezie potenti. Ma attenzione: alcuni tipi di raita contengono anch’essi delle spezie alquanto piccanti, e potrebbero quindi sortire l’effetto opposto.

Murgh Makhani (pollo al burro)

Un altro dei piatti tipici indiani più famosi al mondo è stato inventato negli anni ’50 dai cuochi del ristorante Moti Mahal di Delhi. Per non buttare via gli avanzi di cibo, essi li combinarono in modo creativo stufando del pollo tandoori in un cremosissimo curry nato dall’unione di salsa di pomodoro, burro, panna, spezie e liquido di marinatura del pollo. Grazie a questa straordinaria invenzione, il Moti Mahal acquisì una tale popolarità che persino l’allora Primo Ministro indiano ne diventò cliente abituale; e, ben presto, il Murgh Makhani divenne famoso in tutto il Paese, varcandone poi i confini. Con il suo sapore intenso e delicato al tempo stesso, è un altro piatto perfetto per chi vuole provare la sua prima pietanza indiana, soprattutto se accompagnato da un naan ancora ben caldo.

Pollo tandoori

Il già citato tandoor è un tradizionale forno cilindrico fatto di argilla e alimentato a legna o carbone. La carne, il pane e le verdure cotte in questo forno sono esposti alla fiamma viva, che conferisce loro una deliziosa crosticina e un retrogusto affumicato; anche l’argilla stessa, a contatto diretto col cibo, influisce sul suo sapore. Uno dei piatti più riusciti con questa tecnica, e probabilmente il più celebre, è il pollo tandoori, marinato in una salsa a base di yogurt che ne intenerisce la carne. Il tipico colore rosso intenso è dato dalla presenza di semi di annatto macinati nella marinatura, che solitamente contiene anche zenzero, aglio, coriandolo, pepe di cayenna e garam masala, un mix di spezie a sua volta formato da cardamomo, chiodi di garofano, cumino, cannella, noce moscata e pepe nero; se il colore del pollo tandoori è, invece, di una vibrante sfumatura di giallo, significa che l’annatto è stato sostituito dalla curcuma.


Masala Chai

Dopo tutto questo cibo, è il caso di fare una pausa con una bevanda amatissima in tutta l’India e parecchio ricercata anche nel resto del mondo. Si tratta fondamentalmente di tè nero unito a latte e una miscela di cannella, cardamomo, zenzero, chiodi di garofano, pimento e noce moscata; alcune varianti regionali includono foglie di alloro, ajwain, cacao, semi di finocchio, citronella, anice stellato, vaniglia e zafferano. Le origini di questa bevanda sono antichissime, ben precedenti all’introduzione del tè nero da parte della Gran Bretagna: essa sarebbe stata già presente in India tra i 9000 e i 5000 anni fa, e sviluppata inizialmente come decotto depurativo e digestivo.

Dum aloo

Per tutti i vegetariani che hanno voglia di provare un curry, ecco la pietanza ideale da cui partire. Il dum aloo è un piatto tradizionale originario del Kashmir che comprende patate (aloo), pomodori e cipolle fatti cuocere in un curry ben speziato. La tecnica tradizionale è considerata piuttosto complessa e prevede l’utilizzo di un recipiente di terracotta (handi) tenuto perfettamente chiuso per tutta la durata della cottura, che avviene a fuoco lento (dum). Una volta servito, questo piatto viene guarnito con zenzero a listelli e coriandolo fresco.

Vada pav

Torniamo a parlare di street food presentando uno dei suoi esempi più eccelsi: dei piccoli panini bianchi (pav) imbottiti di polpette (vada) di patate speziate, avvolte in una pastella a base di ceci e fritte. È stato inventato tra gli anni ’60 e ’70 da un venditore ambulante di Mumbai che voleva sfamare i lavoratori del suo quartiere con del cibo sostanzioso ma semplice ed economico. Il risultato ha superato le aspettative, diventando il cibo da strada più amato della città. Di solito è servito insieme a del chutney molto piccante.

Khichdi

Dallo street food al comfort food: il khichdi (dal sanscrito khiccā, “riso con legumi”) è una delicata pietanza a base di riso e lenticchie gialle, amata e diffusa in tutto il Subcontinente Indiano; è anche uno dei primi cibi solidi consumati dai bambini di quest’area. Le prime testimonianze dell’esistenza di questo piatto risalgono al XV secolo, ma furono i Moghul a diffonderne il consumo e ravvivarne la ricetta, aggiungendovi spezie e frutta secca per migliorarne il gusto. In genere è servito con del dahi e vari tipi di chutney, oltre a tocchetti di lime o mango sottaceto.

Korma

Il korma è un piatto fusion un po’ persiano e un po’ indiano, che pare sia stato ideato più di 500 anni fa alla corte dell’imperatore Akbar. Grazie al suo sapore delicato è tra i piatti tipici indiani più popolari e riprodotti in Gran Bretagna, dove i cibi molto piccanti non riscuotono troppo successo. Esso consiste in uno stufato di carne (pur avendo anche delle varianti vegetariane) brasata e cotta a fuoco lento in una salsa cremosa speziata con coriandolo, zafferano, zenzero e cardamomo. Nel nord dell’India si utilizzano mandorle, anacardi e yogurt o panna; nel Kashmir si aggiungono anche latte e altri tipi di frutta secca. Nell’India meridionale, invece, il korma contiene cocco, latte di cocco, mandorle, pepe di cayenna e semi di finocchio.

Saag Paneer

Il saag paneer è un curry vegetariano a base di verdure a foglia verde, come gli spinaci; in questa cremosa salsa, addensata con latte di cocco, vengono immersi dei cubetti di paneer (formaggio fresco locale) precedentemente fritti. Anche in questo caso il mix di spezie impiegato è piuttosto delicato, rendendo questo piatto accessibile anche ai palati meno avvezzi al piccante. Può essere un sostanzioso primo piatto o un contorno, accompagnato con roti e naan o una ciotola di riso basmati.

Pakora

In primavera, per celebrare la stagione dei monsoni, in tutta l’India si è soliti preparare questi croccanti e appetitosi snack a base di verdure (patate, melanzane, peperoni, cavolfiori) infarinate, fritte nel ghee e condite con sale, peperoncino, curcuma e altre spezie. In realtà i pakora si possono trovare anche nelle bancarelle di cibo da strada in qualsiasi periodo dell’anno, soprattutto nel nord dell’India; al sud è più popolare una versione simile (bhaji) ma meno speziata. A prescindere da dove ci si trovi, comunque, i pakora sono estremamente popolari, e di solito sono consumati con del chutney e una tazza di tè caldo.

Vindaloo

Torniamo ora a parlare di pietanze dal gusto deciso: il vindaloo, curry speziato a base di carne di maiale, pollo, manzo, agnello, capra o, per i vegetariani, cubetti di paneer. Abbiamo già detto che “aloo” vuol dire “patata” ma, in questo caso, l’origine del nome di questo piatto è molto diversa: esso deriverebbe dalla pronuncia distorta di carne de vinha d’alhos, un piatto portoghese a base di carne marinata in aglio e aceto di vino. Furono, infatti, proprio gli esploratori portoghesi a esportarlo in India nel XV secolo, riadattandolo in base agli ingredienti disponibili sul posto: i missionari francescani, in mancanza di aceto, utilizzarono il locale vino di palma e aggiunsero tamarindo, cannella, cardamomo, peperoncini e altre spezie sapientemente bilanciate. In India, il vindaloo è particolarmente diffuso nelle regioni sud-occidentali di Goa e Konkan; si è però diffuso anche in Gran Bretagna, dove la ricetta è spesso snaturata dall’utilizzo generoso di peperoncini piccanti al posto di alcune spezie.

Rogan Josh

Il rogan josh è un piatto di origine persiana che, al giorno d’oggi, è considerato tipico della regione del Kashmir. È costituito da carne di agnello o capra, intenerita da una lunga marinatura e dalla cottura in un sugo denso dal gusto intenso e ricco, in cui spicca il peperoncino rosso kashmiri; sono però presenti anche yogurt, cipolla, aglio, zenzero, cardamomo e chiodi di garofano. Il nome deriva da rogan, burro chiarificato (pure presente nella ricetta) e josh, a indicare il “calore” e la piccantezza del piatto.


Aloo Gobi

Direttamente dal Nord dell’India, ecco un piatto più “innocuo” che ha riscosso un discreto successo anche nei vicini Nepal e Bangladesh.

Si tratta di uno stufato di patate e cavolfiori, fatti saltare in padella e poi conditi con cipolla, aglio, pomodoro, zenzero e varie spezie, tra cui spicca la curcuma che gli conferisce un colore giallo intenso.

Rispetto ad altri che abbiamo visto è un piatto “secco”, poiché non prevede salse o condimenti cremosi; può però essere occasionalmente guarnito con del coriandolo tritato e qualche goccia di succo di lime.

Rajma Dal

Non solo patate: i piatti vegetariani in India prevedono anche l’utilizzo di legumi e, in tal caso, prendono il nome di Dal. In questo caso parliamo di un Dal particolare preparato con fagioli red kidney, frutto dei contatti con Guatemala e Messico. La consistenza dei fagioli, unita alla cremosità del curry, rendono questa pietanza assai prelibata e ricercata. La troverete un po’ in tutto il Paese, accompagnata da riso o roti, ma è particolarmente amata al Nord e nella regione del Punjab.

Kulfi

E se voleste qualcosa di dolce e rinfrescante, ma dal sapore unico? Ecco per voi il kulfi, risposta indiana al classico gelato. Rispetto a quest’ultimo, il kulfi è più denso e concentrato, frutto della lenta e lunga lavorazione del latte intero. Il preparato viene versato in appositi stampi, da cui prende la tradizionale forma conica una volta raffreddato. La sua caratteristica più particolare è però il sapore: i kulfi sono disponibili in una gran varietà di gusti, a seconda delle preferenze del posto, ma i più in voga sembrano essere al pistacchio, all’acqua di rose o allo zafferano, come quello in foto.

Idli con sambar

Nel sud dell’India si è soliti fare colazione con dei tortini rotondi di lenticchie fermentate e riso, cotti al vapore: si chiamano idli e le loro origini sono contese tra diverse aree del Paese. Esistono anche idli fritti o a base di semolino al posto del riso; tutti quanti, però, si consumano intinti in vari tipi di chutney o nel sambar, un gustoso stufato di lenticchie e verdure originario del Tamil Nadu e molto diffuso anche in Sri Lanka. Pare che il sambar sia stato inventato dal figlio di un sovrano Maratha che voleva preparare un Dal e, nel farlo, aggiunse per errore del tamarindo, non previsto dalla ricetta; il risultato ebbe però un tale successo da diventare estremamente popolare.


Kathi Roll


La nostra classifica di piatti tipici indiani si conclude con un altro cibo da asporto, stavolta proveniente dalla zona di Calcutta. Si tratta di un kebab di carne (kathi è, appunto, il tipico spiedo di bambù con cui è cucinato) avvolto in un paratha e servito caldissimo con cipolle e chutney. La tecnica tradizionale prevede di riscaldare il paratha su un tawa, versarvi sopra un uovo e poi aggiungere il ripieno di carne; in alcune versioni quest’ultima può essere sostituita, ancora una volta, da cubetti di paneer.


Fonte: https://ilmeglioditutto.it/




5 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page